Tutto a posto, niente in ordine: genitori, figli e sessualità

Il compito di un genitore è quello di essere ‘il più forte, il più grande e il più saggio’ di fronte ai propri figli. Questo è quello che sostiene la teoria dell’ attaccamento di John Bowlby, medico psicoanalista britannico, importante studioso dei legami affettivi e dello sviluppo della crescita degli individui.

Il suo punto di partenza è stata l’etologia, cioè l’osservazione del mondo animale, in particolare gli studi di Harry Harlow che dimostrano che i piccoli, i cuccioli, preferiscono l’agio del contatto corporeo e della presenza fisica all’approvvigionamento di cibo. Partendo da qui Bowlby (seguito poi da molti altri studiosi) ha dimostrato come anche negli esseri umani la vicinanza di un individuo con maggiore esperienza di vita sia fondamentale per affrontare il mondo in maniera adeguata.

‘Più forte, più grande, più saggio’ non ha nulla a che vedere con la perfezione. I genitori perfetti non esistono, così come non esistono i figli perfetti; ognuno fa sempre il meglio che può fare. Il compito di un genitore è quello di accompagnare e stare a fianco, stare vicino, insomma di ‘esserci’ per i propri figli.

Anche la sessualità è un mondo da esplorare, in cui è necessario un accompagnare attento.

Molto spesso mamme, papà o coppie di genitori mi portano in studio l’imbarazzo del parlare di sessualità con i propri figli: quando cominciare, come fare, cosa dire?

“Mamma papà, come nascono i bambini?” oppure “Mamma, papà, stasera posso uscire con il mio ragazzo?”: due situazioni legate ad età molte diverse tra di loro che fanno però entrambe scattare allarme e preoccupazione nei genitori. Figli preoccupati, genitori preoccupati, risultato:  nessuna informazione sana sulla sessualità.

Il primo scoglio da superare è quello di prendere confidenza  con alcuni termini che causano tanto imbarazzo, come pene, vagina, sesso orale: siamo prima di tutto noi adulti a dovere prendere ‘agio’ con queste e tante altre parole, in modo da essere in una situazione di consapevolezza quando ne parleremo (perché ne dobbiamo parlare… ) con i ragazzi adolescenti, veicolando il messaggio che per noi è un piacere poter parlare dei problemi e dei dubbi che loro hanno. Quindi primo punto: l’importanza non solo del cosa dire ma del come dirlo.

Da quale età?

Eurispes e Telefono Azzurro hanno condotto un’indagine su un campione rappresentativo di 2.470 adolescenti italiani tra i 12 e i 19 anni, che ha rilevato come oltre la metà degli intervistati aveva avuto il primo rapporto sessuale completo prima dei 16 anni. In particolare, il 38,4% ha avuto il primo rapporto sessuale tra i 14 e i 15 anni, mentre l’11,7% ancora prima, tra gli 11 e i 13 anni. Poco meno del 30% lo ha avuto tra i 16 e i 17 anni, mentre appena il 4,9% ha “aspettato” di diventare maggiorenne (8° Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza).

Oggi gli adolescenti (e non solo…) hanno a disposizione internet: spesso però qui si trova una sessualità ‘esagerata’, ‘amplificata, immagini spesso molto invasive, che non rispondono al bisogno basilare di informazione dei ragazzi. La base è parlare di prevenzione, contraccezione, uso corretto del preservativo,  emergenze sessuali, vari miti e leggende sul sesso – e di un punto spesso trascurato: che il sesso va sempre sotto braccio con l’affettività.

In questo senso, è ancora più necessario che i giovani abbiano una guida, affinchè non si crei in loro un’idea della sessualità lontana dalla realtà. 

Già verso i 4 anni i bambini scoprono le differenze anatomiche tra maschi e femmine, si informano su dove erano prima di nascere e come sono venuti al mondo. Adegueremo allora in questo caso i termini  al loro linguaggio. A questa età  è importante che imparino a rispettare  le differenze, che abbiano un’immagine positiva del proprio corpo e che ne apprezzino le funzioni. Dai 7-8 anni poi è opportuno iniziare ad utilizzare i nomi corretti della varie parti del corpo.

In casa, le occasioni per affrontare l’argomento non mancano. La vita quotidiana è pervasa da messaggi sessuali, a partire dalle pubblicità. Basta fermarsi – difficile a volte, eppure necessario – e cogliere l’occasione per affrontare l’argomento.

Una buona educazione sessuale è un processo informativo ampio: non si tratta solo di rispondere a curiosità anatomiche, ma di affrontare anche questioni affettive. Una sana educazione sessuale non consiste soltanto nell’apprendere una serie di informazioni tecniche, ma anche nel riflettere sul piacere e sui sentimenti propri e altrui, sulle conseguenze cui può dare origine l’atto sessuale, sulla relazione con il partner, su ciò che si trova sui social, adescatori compresi. Parlare di sesso non significa parlare solo del rapporto sessuale e, in particolare, del rapporto sessuale penetrativo: la sessualità è un argomento molto vasto che riguarda il rapporto con il corpo, le fasi di crescita, cosa significa o non significa essere maschi o femmine, cosa è l’amore, l’attrazione fisica, la relazione con un’altra persona, quali sono i pericoli per la propria salute o incolumità, e così via.

È necessario rispondere alle domande in modo franco e semplice, ma non semplicistico: un minimo di preparazione è sempre richiesto, per cui è sempre meglio documentarsi prima di parlare: non è assolutamente vero che gli adulti abbiano sempre risposte corrette sugli argomenti che riguardano la sessualità, ma è assolutamente vero che in questo caso internet può essere per noi adulti di grande aiuto. E se  non si sa come rispondere a una domanda, è lecito dire semplicemente che non si sa rispondere(“In questo momento non so cosa risponderti, cercherò di informarmi e poi te lo dirò”; oppure, in molte situazioni anche meglio: “proviamo a informarci insieme”). È importante veicolare il messaggio che per noi è un piacere poter parlare dei problemi e dei dubbi che loro hanno. In un’epoca in cui tutti sanno tutto e in cui bisogna essere sempre performanti e al top in ogni sfera della vita, al lavoro, a scuola, nelle relazioni, nello status sociale, incontrarsi e stare insieme nel terreno del dubbio e del confronto è un dono prezioso, non una debolezza.

Ancora: rispettare la privacy del bambino o dell’adolescente. Anche se può essere molto divertente raccontare ad amici e familiari le confidenze ricevute, è assolutamente necessario astenersi da questa pratica, che denota mancanza di rispetto e che compromette la fiducia reciproca.

E se si è proprio in imbarazzo ci si può sempre rivolgere ad uno psicologo per un paio di sedute sull’argomento. Potrebbe anche essere che parlare di sesso e affettività tocchi in noi adulti nodi non ancora risolti ed elaborati , sui quali non è mai troppo tardi intervenire.  

Noi adulti aiutiamo i figli a crescere ma a volte capita una cosa meravigliosa: che i figli facciano crescere noi e che ci educhino.

In conclusione noi genitori adulti dobbiamo sempre ricordarci ‘la  caratteristica più  importante dell’essere genitori: fornire una base sicura da cui un bambino o un adolescente possa partire per affacciarsi nel mondo esterno e a cui possa ritornare sapendo per certo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato’ (Bowlby, 1988).

 

Confortante, no?

 Dott.ssa Simona Sola – psicologa, psicoterapeuta, sessuologa clinica.

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